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LA VALLE DELLA CAFFARELLA

Pochissimi dei residenti della XI Circoscrizione di Roma conoscono gli accessi, spesso  a pochi passi da casa, della valle della Caffarella, patrimonio storico naturalistico parte importante del Parco dell'Appia Antica. Queste pagine vogliono stimolare la curiosità di nuovi "esploratori": clicca sulle icone della mappa (la prima descrizione della lista è quella scelta) o seleziona l'argomento che ti interessa

Geomorfologia
Flora e fauna
Quadro storico
Legenda dei monumenti storico archeologici
Passegiata nella valle della Caffarella
Incendi estate '99
Approfondimenti

GEOMORFOLOGIA

La valle della Caffarella è stata formata dal fiume Almone che ha scavato i depositi tufacei eruttati dalla forte attività esplosiva dei Colli Albani tra 700mila e 360mila anni orsono. Le pareti tufacee sono ben visibili ai due lati della valle e costituiscono i maggiori rilievi di tutta la campagna romana; la loro consistenza le rende molto adatte all’escavo in esse di grotte e cunicoli. La base della valle è invece costituita dai materiali alluvionali del fiume Almone.

 

 

 

 

 

 

 

 

FLORA E FAUNA

 un ambiente particolarmente vario quello che offre la valle, con un’abbondante presenza di querce, una volta diffuse in estese foreste nella campagna romana, ora decimate da edilizia, agricoltura e sostituzione con altre specie , quali il pino domestico. Lungo il fiume sono presenti pioppi, salici, felci ed equiseti tipici di zone umide. Tra i mammiferi si trovano ricci, talpe, donnole e persino qualche volpe; fra i ruderi abbondano i pipistrelli. Tra gli uccelli si segnalano il gheppio e altri rapaci notturni: questi animali, al vertice della piramide alimentare, sarebbero i primi a risentire di uno squilibrio nella catena e quindi la loro presenza è segno che non è ancora tutto compromesso. Nel canneto, lungo il fiume, abbondano rospi, rane, bisce.

 

 

 

 

 

 

QUADRO STORICO

Esteso poco più di 190 ettari il Parco della Caffarella deve la sua importanza storico-culturale alla sua ubicazione tra due principali vie della antichità: la via Appia Antica e la via Latina.Esso è ricco di monumenti che furono costruiti nel corso dei secoli. Le notizie più antiche risalgono al III sec. a.C. quando parte della Caffarella era posseduta dalla famiglia di Attilio Regolo. Nel II sec. d.C. fu proprietà della famiglia di Annia Regilla, che lo portò in dote al facoltoso e potente marito Erode Attico. Alla morte di questo, dal III sec d.C., la tenuta entrò nel Demanio imperiale. Fu allora che Massenzio vi edificò il suo palazzo, il circo e la tomba del figlio Romolo. Caduto lo impero tutta l’area fu progressivamente abbandonata e incorporata nel patrimonio ecclesiastico. Nel Medioevo la zona divenne strategicamente importante e furono costruite numerose torri fortificate. In questo periodo la valle appariva coperta di marmi di antichi edifici e veniva usata come cava. Nel XV sec la valle assistette ad una serie di manovre militari durante i tentativi del Regno di Napoli di controllare la città. Fu nel XVI sec. che la valle assunse il nome definitivo: i Caffarelli, nuovi proprietari, ricondussero il complesso ad una funzionale azienda agricola, al centro della quale edificarono il casale della Vaccareccia.  Il fondo passò poi nel 1695 ai Pallavicini, e da questi nel 1816 ai Torlonia che completarono l’impianto idrico. Nel secolo scorso la Caffarella era sfruttata anche come cava di pozzolana, utilizzata negli edifici della Roma umbertina. La storia recente è tristemente nota come storia di difficili espropri finalmente  inseriti nell’elenco degli interventi per il Giubileo del 2000: mai come ora si è vicini alla creazione di un Parco pubblico.

 

 

 

 

 

LEGENDA DEI MONUMENTI STORICO-ARCHEOLOGICI

PORTA DI S. SEBASTIANO. Monumentale punto di accesso alla città. Nelle torri e lungo i camminamenti è disposto il Museo delle Mura. Dietro la porta l'arco dell'acquedotto che riforniva le Terme di Caracalla.

TOMBA DI GETA. Il sepolcro di età imperiale è attribuito a Geta, fratello di Caracalla, da questi ucciso nel 212 d.C. E’ sopravvissuto perché nel Medioevo fu usato come posto di vedetta.  Nel ‘700 venne costruito il piccolo casale sulla sommità

TOMBA E CASALE DI PRISCILLA. Nucleo cementizio di una tomba cilindrica sormontata da una piccola torre tronca di età medievale. La tomba è attribuita a Priscilla, moglie di un potente liberto dell'imperatore Domiziano.

QUO VADIS?. Nome con cui è nota la chiesa S.Maria in Palmis, fatta costruire nel 1620 da Clemente VIII e rielaborata nel 1637 dal Cardinal Barberini.  Deve quel nome alla leggenda secondo cui S.Pietro fuggendo da Roma, proprio qui incontrò Cristo che lasciò le sue impronte su una roccia

TOMBA DI ANNIA REGILLA. Sepolcro a tempietto del II sec.d.C. ben conservato perché usato in passato come fienile.  Dedicato da Erode Attico alla moglie Annia, l’interno è tuttavia costruito come colombario.  La tradizione ce lo ha tramandato come Tempio del Dio Redicolo (del ritorno)

CASALE DELLA VACCARECCIA. Costruito nel 1547 dai Caffarelli, allora proprietari della valle, inglobando una torre medievale.  Assunse la conformazione definitiva quando nel 1816 la proprietà passò ai Torlonia. Il casale è tuttora attivo

NINFEO DI EGERIA. Grotta artificiale del II sec. d.C. probabilmente facente parte del Triopio di Erode Attico come piacevole luogo di riposo estivo:  infatti esso sorge in prossimità di una sorgente di acque acidule-oligominerali.  Erroneamente intitolato ad Egeria nel ‘700, divenne un’osteria nell’800

S. URBANO. Tempio di Cerere e Faustina del II  sec. d.C. fatto edificare da Erode Attico in prossimità della sua villa.  Pressoché intatto perché trasformato in luogo di culto cristiano già nel VI sec. e dedicato S. Urbano.  L’interno presenta affreschi del XI sec. Ulteriori informazioni.

TORRE DEL PONTE. Realizzata nel XII-XIII sec., questa torre doveva difendere il ponte in muratura che, scavalcando l’Almone, collegava la via Appia Antica con la via Latina

COLOMBARIO COSTANTINIANO

CAVE sotterranee di tufo e pozzolana di epoca romana riutilizzate anche nell’800. Le gallerie erano necessarie per raggiungere i materiali più pregiati. 

FOSSE ARDEATINE. Luogo ove il 23 marzo 1944 ebbe luogo l’eccidio delle fosse Ardeatine In una di queste grotte. Originariamente si presentava come una delle tante cave di tufo  e pozzolana della zona; dopo la guerra è stato trasformato in sacrario.

CIRCO DI MASSENZIO E TOMBA DI ROMOLO. Il complesso racchiude i ruderi della residenza imperiale di Massenzio. La tomba del figlio Romolo, ivi deposto nel 309 d.C., fu trasformata in casale agricolo dai Torlonia nel '700. In secondo piano il Circo, al di là del quale sorgeva il Palazzo imperiale.

MAUSOLEO DI CECILIA METELLA. La sepoltura della figlia di Q. Cecilio Metello Cretico, moglie di Marco Crasso, fu eretta nel 50 a.C. Fu modificata nel XI secolo e trasformata in torre inserita dai Conti del Tuscolo nel quadrilatero fortificato che chiudeva la via Appia Antica. In seguito divenne il "mastio"angolare del Castello dei Caetani.

CATACOMBE DI S. CALLISTO

BASILICA E CATACOMBE DI S. SEBASTIANO. La Basilica risale agli inizi del IV secolo. Dopo il IX secolo fu dedicata al martire sepolto nelle adiacenti catacombe, articolate su quattro piani, alle quali si accede dalla chiesa. Iniziate dopo la metà del III secolo sono state le prime ad essere state così denominate (dal greco Katà Kymbas) e le uniche ad essere state sempre frequentate. 

 

BIBLIOGRAFIA
 “Spiccioli di natura” del Comitato per il Parco della Caffarella
“Via Appia” di L. Quilici
“A piedi nella Roma Antica” di A. Lozzi -Bonaventura

 

 

 

 

 

 

 

 

Passegiata nella valle della Caffarella
di Antonio Citti, Simonetta Clucher, Riccardo Virgili, G. Salerno

 Un paio di immagini della valle della Caffarella

 

La valle della Caffarella si estende per circa 180 ettari ed ha una grande rilevanza storico archeologica, ma non meno importante è il suo valore naturalistico. Si tratta infatti di un parco con una grande varietà di specie botaniche e di ambienti che vanno dai campi coltivati a piccoli e fitti boschi popolati da una ricca fauna composta da importanti specie tra le quali il gheppio, il riccio, la volpe e vari rapaci notturni.

La valle, attraversata dal fiume Almone, sacro agli antichi romani, si è originata geologicamente dallo stratificarsi di sedimenti piroclastici (tufi e pozzolane) del vulcanesimo laziale.

La nostra passeggiata ha inizio da vicolo S. Urbano (Appia Pignatelli), che deve il suo nome alla chiesa omonima, situata oggi all'interno di una proprietà privata. Costruito intorno al 160 d.C., l'edificio è nato come tempio pagano, fatto costruire da erode Attico e dedicato a Cerere e Faustina. Fu trasformato in chiesa cristiana solo in un secondo tempo e questo è sicuramente uno dei motivi che lo ha fatto giungere fino a noi così ben conservato.

A1 suo interno infatti si possono ammirare splendidi affreschi medioevali, risalenti al X secolo, rappresentanti scene tratte dei Vangeli e della vita di alcuni santi, tra i quali S. Cecilia e S. Urbano.

Proseguendo su una stradina arriviamo su un piccolo colle sul quale si ergono tre lecci (Quercus ilex), che rammentano l'antico bosco sacro, che dall'epoca romana è giunto ininterrottamente fino a noi. Anche se oggi è presente con solo tre alberi, sappiamo che fino agli inizi del secolo qui c'era un vero bosco.

Da questo punto si domina gran parte della valle, uno sguardo d'insieme che consente di farei un’idea di tutto il. percorso che si snoderà intorno al fosso dell’Amone, Dopo essere rimasti per un po' ad osservare questo raro lembo di campagna romana ancora intatto, scendiamo in basso e sulla destra. Da qui prendiamo un sentiero costeggiato da siepe di rovo e rose canine. Proseguendo sempre in questa direzione si potranno intravedere i resti di Torre Valca e i ruderi di un colombario. I grossi e radi alberi che accompagnano il nostro passaggio sono dei bagolari (Celtis australis).

Proseguendo incontriamo tre grossi esemplari di noce nero, facilmente riconoscibili dalla corteccia color cenere segnata da profonde crepe e dall'ampia e sviluppata chioma.

Sulla destra si trova la Fonte Egeria e, se vogliamo, facendo molta attenzione alle auto inferocite, potremo rifocillarci con un bicchiere delle acque di questa fonte, utilizzate fin dall'epoca romana, ma a scopi termali.

Oltrepassando il precario ponticello in legno sull'Almone accanto alla Torre Valca, una vecchia torre medioevale, che aveva il ruolo sia di avvistamento che di comunicazione, possiamo osservare una vegetazione diversa, tipica di un ambiente acquatico: le grandi foglie di bardana (Arctium cappa) dai capolini spinosi e quelle del farfanaccio (Petasites hydridus), entrambe utilizzate per la medicina naturale. Sotto il ponticello si avvinghiano i contorti viticci del luppolo (Humulus lupulus), i cui frutti erano conosciuti anche dai romani, che li utilizzavano per aromatizzare la birra.

Qua e là piccoli ciuffi di Galega offcinalis, dette capraggine, dalle mille foglioline rotonde, diffusi dai pastori per la sua fama di aumentare la produzione di latte. Soffermandoci ad ascoltare anche i suoni di questo parco, qui possiamo udire il gracidare dell'ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), anfibio molto raro, caratteristico proprio per avere il ventre di color giallo e il dorso grigio o bruno, con verruche sporgenti e spine nere. La piana adiacente all'Almone è colonizzata dalla salcerelia (Lythrum salicaria), una pianta officinale dai fiori viola, e dai ciuffi di equiseto o erba cavallina, diffusissimi milioni di anni fa, quando dominavano le paludi con esemplari alti anche dieci metri. Con un po' di fortuna è possibile osservare anche delle rarità botaniche, come ad esempio le orchidee palustri.

Proseguiamo la nostra passeggiata e noteremo ancora alcune piante tipiche dei corsi d'acqua, un folto canneto di canne (Arundo donax) e cannucce (Pragmites australis), da cui emergono grandi esemplari di salice (Salix alba) e pioppo (Populus nigra). Proseguiamo ora lungo un boschetto di robinie (Robinia pseudoacacia) lasciando alla nostra destra una piccola pineta. La robinia fu introdotta in Europa nel 1601 da un giardiniere del re di Francia Jean de Robin, dal quale prese il nome. La robinia ha origine negli Stati Uniti orientali, ma in Europa ha trovato un ambiente che le ha consentito di svilupparsi così rapidamente, da renderla infestante.

Superato il boschetto di robinie e il viale bordato da canne e rovi, proseguiamo lungo il sentiero che ci porta sulla valletta, delimitato da una rupe perforata da numerose gallerie oggi utilizzate come fungaie ed in passato come cave di pozzolana.

Saliamo e, superando il bivio, proseguiamo dritti. Foglie larghe di verbasco e capolini piumosi di seppole ci fanno ampi saluti spinti dal vento, più avanti scopriamo le imboccature, coperta di calce, di una fungaia.

In questa parte della Caffarella esistevano, come del resto in altre zone della periferia sud-est di Roma, numerose cave di pozzolana, frutto del Vulcano Laziale che riversò in più fasi i prodotti della sua attività, proprio in questa zona.

Le cave, dopo il periodo di utilizzazione furono abbandonate. Alcune si sono interrate e coperte di vegetazione, altre sono state ampliate e riutilizzate appunto come fungaie, cioè per la coltivazione di funghi prataioli (champignons) su lettiere di strame, generalmente di cavallo. La calce ha lo scopo di disinfettare e prevenire le muffe, dannose alla coltivazione sotterranea.

Proseguiamo tra file di robinie sul fianco della collinetta, il nostro percorso è segnato anche dagli alianti (Alianthus altissima), detti anche alberi del paradiso, e da un grosso fico abbarbicato al pendio. Dopo un piccolo bivio, pieghiamo a destra per un sentiero e ci troviamo davanti ad un'altra fungaia che sbocca su di uno spiazzo. In fondo a sinistra si scorge la tomba di Cecilia Metella.

Alzando lo sguardo nell'azzurro del cielo, potrete vedere il gheppio (Falco Tinnunculus), facilmente riconoscibile dalle ali appuntite e dalla coda stretta, librarsi nell'aria sopra i campi, a caccia dei piccoli mammiferi che popolano la zona, esibendosi nella tipica posizione a "spirito santo".

Visitando la valle nel mese di aprile é possibile osservare le fioriture della splendida orchidea farfalla (Orchis papilionocea) dalle piccole spighe rosa violacee, della straordinaria orchidea fior di bombo (Ophris bombiliflora), i cui fiori imitano i bombi e infine le splendide fioriture dell'anemone. Ogni qualvolta incontrerete questi fiori, ammirateli, fotografateli, ma non coglieteli, sono specie protette.

Diffuso un po' ovunque il finocchio selvatico e piante aggrovigliate tra loro: rovi, rose canine, berrette da prete, sambuchi, piccoli olmi, edere e vitalbe attorcigliate ai tronchi e cespugli di fitolacca (Phytolacca americana) rossastra.

Tra l'erba i colori e i profumi del tordillo dai caratteristici fiorellini bianchi, la silene bubbolina, con i suoi buffi frutti rigonfi e la bocca di leone (Antirium).

In autunno, tra i cespugli nelle fosse dirupate, spicca la sanguinella (Cornus sanguinea) che proprio in questa stagione proclama la sua presenza, grazie alle foglie rosse e alle drupe nere. Anticamente era usato per le sue proprietà magiche: durante i sabba gli stregoni ne utilizzavano i semi ed il midollo dei rami per realizzare dei veleni.

Nel frattempo abbiamo raggiunto un'altura dal quale il nostro sguardo incontra la città, un vero e proprio muro di palazzine che delimitano la via Latina e sparsi un po' ovunque baracche, orti e campi sportivi abusivi che ci mostrano un altro aspetto, meno bello dei precedenti, di questa valle.

Riprendiamo il sentiero a destra tra due filari di bagolari di grosso fusto.

Nell'aria il profumo, a volte violento, di erbe aromatiche. Ai lati erbe di specie diverse, molte delle quali commestibili, dalla saporita ortica (Urtica dioica), alle più note piante per insalata, la cicoria (Cichoryum intybus), la crepide o radicchietto (Crepis spp.).

A questo punto siamo sotto una rupe orlata dalla ginestra (Spartium junceum), nell'aria il canto degli uccelli, tra i quali con un po' di esperienza si distingue il rumoroso e squillante merlo. la cincia dall’onomatopeico cicaleccio ed il cinguettio dei passeri.

A questo punto il sentiero corre tra i campi coltivati, in basso sulla sinistra si può facilmente scorgere il casale della Vaccareccia, del quale si trovano le tracce già nel 1547, nella carta di Eutrosino della Volpaia. Si tratta ancora oggi di un casale agricolo e qui é possibile acquistare ricotta e formaggio. Nel casale é inglobata una torre medioevale (XIII‑XIV sec.) con funzione di controllo.

Scendiamo, tra la Vaccareccia ed un altro casaletto incontriamo un sentiero lastricato per un breve tratto con sampietrini irregolari, quindi oltrepassando le recinzioni che racchiudono un fornito pollaio e campi coltivati pieghiamo a destra per superare nuovamente il fiume Almone. Fitte siepi di edera, sambuchi ed un contorcersi di fusti e foglie di zucca, che fanno da introduzione al sentiero del ponte, delimitato da platani e pioppi e dove cresce un cespuglio di stramonio (Datura), la pericolosa erba del diavolo.

Dopo aver attraversato l'Almone ci troviamo a camminare tra gelsi, olmi, platani, pioppi, bardane fitolacche, tra le quali spiccano i fiori di topinambur (Helianthus) alti e gialli. Proseguendo ci troviamo al bivio. Percorriamo la carrareccia in terra battuta che si apre sulla destra. Dopo un breve tratto la terra lascia il posto al pietrisco e poi all'asfalto. Siamo sulla via della Caffarella, a fianco superiamo una recinzione sui cui boschi crescono vigorose la verga d'oro (Solidago), la verbena e le sileni, tra i fusti cavi della cicuta.

Vicino ad una grande Farnia (Quercus robur) si sentono tubare le tortore. L'alberatura prosegue lungo il viale con altre querce, pioppi, gelsi, sanbuchi e di nuovo cespugli di fitolacca ai quali si aggiungono intricati rovi, ciuffi di parietaria e artemisia. Sulla destra oltre un cancello che delimita una proprietà privata, il tempio del dio Reticolo (II sec. d. C.), o sepolcro di Annia Regilla, uno dei monumenti più belli dell'intero parco. Anche se il pavimento che separava i due piani è crollato, il tempio è giunto fino ai nostri giorni in ottime condizioni, grazie al fatto che fu utilizzato come fienile.

Purtroppo l'incuria dei tempi moderni ha fatto si che oggi sia in grave pericolo e sarebbero necessari immediati lavori di restauro ma soprattutto di consolidamento.

Dopo aver osservato da lontano il monumento riprendiamo il nostro cammino tornando sui nostri passi. Ci riportiamo al bivio, oltrepassiamo una sbarra e ci avviamo per un piccolo sentiero che sale nel boschetto sul colle. I1 piccolo bosco è attraversato da un canaletto che si supera sulla destra scavalcando un grosso tronco abbattuto. Tra querce, robinie, aceri campestri e cornioli, camminando per un sottobosco ricco di ciclamini e celidonie, arriviamo in uno spiazzo su cui crescono alcuni lecci.

Riscendiamo per riprendere il viottolo, superando una fungaia ed alcuni cerri, un campo coltivato recintato da un fosso canalizzato ed entriamo in una zona umida e boscosa, fitta di vegetazione. In questo boschetto abbondano il sambuco, l'acero campestre, pino e roverelle.

Un'area rustica prima dell'incrocio è ricchissima di cicuta, poco più avanti si arriva al Ninfeo di Egeria (II sec. d. C.) immerso nella vegetazione non si fa fatica ad immaginarlo come uno dei posti più ameni della Roma antica. L'interno era rivestito marmo verde, dalla nicchia, sulla parete di fondo sgorgava l'acqua. Nel secolo scorso come testimoniano stampe dell'epoca, il ninfeo era utilizzato come una delle tante tipiche osterie fuori porta frequentate dai romani.

Muschi e capelvenere pendono gocciolanti dalle pareti e tutto intorno cresce rigogliosa la felce. Sui muri ciuffetti di cimbalaria e lungo i ruscelletti si possono osservare le foglie della consolida maggiore. Un osservatore attento può scovare anche borre di gufo comune (Asio otus), che utilizza questo incantevole posto per consumare il frutto della sua caccia notturna.

Proseguendo incontriamo giovani lecci piantati da un comitato di cittadini ed infine, superato un grande bagolaro, si apre alla nostra vista di nuovo il bosco sacro da cui avevamo iniziato il nostro percorso.

 

IMMAGINI DEGLI INCENDI ESTATE '99

Che beffa questi incendi, divampati proprio mentre nella valle sono in corso i lavori per la sistemazione dell'area. Sperando che tutto questo non si ripeta ...

 

 

Quercia centenaria su Via della Caffarella prima e dopo l'incendio

ATTENZIONE QUESTA QUERCIA E' STATA ABBATTUTA NELLA PRIMAVERA 2001 DAL
SERVIZIO GIARDINI DEL COMUNE DI  ROMA PERCHE' PERICOLANTE!!! 

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1999 WWF Gruppo Attivo Roma XI