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LA PLASTICA  

COS'È LA PLASTICA?
Con questo termine si indica una vasta gamma di composti costituiti da molecole di grandi dimensioni, detti anche resine, ottenuti per mezzo di processi industriali dalla lavorazione di prodotti derivati dal petrolio.

 

PERCHÈ LA PLASTICA NON SI DETERIORA?
Le molecole di cui è costituita la plastica formano delle lunghe catene: più queste catene sono ordinate e parallele, cioè più la struttura è "cristallina", maggiore è la resistenza del materiale ad ogni tipo di attacco da parte di agenti ambientali (batteri, luce, ossigeno). Ciò in quanto la catena molecolare viene a presentare pochi punti di attacco per eventuali azioni chimiche che possono spezzare il legame tra le molecole. Inoltre spesso vengono aggiunti degli additivi che aumentano la resistenza all'invecchiamento.

 

COME SI PUÒ RENDERE LA PLASTICA BIODEGRADABILE?
Inserendo, durante la  fase di costruzione della catena di molecole, dei "doppi legami", che sono dei legami chimici in cui gli atomi mettono in comune due coppie di elettroni. In questo modo si aumentano i possibili punti di attacco per gli agenti ambientali, che possono così aprire, rompere e alla lunga disgregare la catena molecolare del materiale, portandolo al disfacimento.

 

TIPI DI PLASTICA
PE
, polietilene: si usa per la fabbricazione dei sacchetti di plastica (9 miliardi di pezzi solo in Italia), dei teloni agricoli, dei sacchi per la spazzatura, sacchi industriali, bottiglie per il latte, fusti, taniche e cassette, contenitori e pails per pitture che casalinghi, tappi, chiusure e cappucci spray, nastri adesivi, materiali da imbottitura. LDPE è il polietilene a bassa densità, mentre HDPE è il polietilene ad alta densità.

PVC, cloruro di polivinile: impiegato soprattutto per le bottiglie di acque minerali non gassate, pellicole per film, bottiglie e flaconi di detersivi, shampoo e cosmetici, sacchetti, alveoli per frutta, uova, cioccolatini e fiale, corde. È la plastica maggiormente sotto accusa poiché se usata come combustibile può dar luogo a composti organici clorurati tra i quali alcuni pericolosi come le diossine e i furani.; il suo composto base (il cloruro di vinile) è cancerogeno e si chiede da più parti che non ne venga consentito l'uso per gli imballaggi per alimenti.

PP, polipropilene: utilizzata nella fabbricazione di stoviglie, film, sacchi industriali, confezioni per gelati e yogurt, siringhe monouso, secchi per vernici e spazzatura.

PS, polistirolo: si usa per la produzione di bicchieri, posate e piatti, coppette di gelati e yogurt, tappi, chiusure, cappucci spray e, nella sua forma espansa, per imballaggi di oggetti ed alimenti.

PET, polietilentereftalato: è la plastica per bottiglie per bevande gassate.

 

PLASTICA, CHE NE FACCIAMO?
La plastica è un materiale non biodegradabile ed infrangibile, e come tale sarebbe utile impiegarla per prodotti destinati a durare. Invece siamo circondati  da prodotti "usa e getta" in plastica.
Tutti vogliono bruciare la plastica perché ha un buon potere calorifico e perché più ne viene bruciata, più se ne dovrà produrre di nuova, alimentando il mercato dei prodotti petrolchimici secondo una logica altamente dissipativa della risorsa petrolio.

Gli oggetti in plastica sono generati in una serie di passaggi di produzione durante i quali si consumano energia, risorse (petrolio, prodotti chimici di base, acqua, risorse naturali, territorio) e servizi ausiliari (costo del lavoro, usura macchinari, tempo, trasporti, costo di gestione del rifiuto industriale).

L’energia totale utilizzata per realizzare il nostro oggetto è dunque superiore al suo potere calorifico (l'energia che l'elemento può fornire con la combustione). L’oggetto conterrà quindi anche una certa quantità di energia di processo. Quando esso diventa rifiuto da avviare all’incenerimento tutti parlano di energia che si recupera con la combustione. Questa energia è in realtà un valore equivalente riferito solo al potere calorifico.

Vediamo un conto pratico sul riciclaggio della plastica.

OPERAZIONE

COSTO ENERGETICO

Riciclaggio plastiche con piccole quantità di impurezze

22 MJ/Kg

Produzione di nuove plastiche da risorse esauribili

86 MJ/Kg

Energia risparmiata riciclando le plastiche come materia ad alto contenuto di energia

64 MJ/Kg

Se scelgo di incenerire la plastica, uso una sola forma di energia in essa contenuta, cioè il suo potere calorifico.

Energia teorica recuperabile dalla combustione della plastica

48 MJ/Kg

Dovendo però sottostare alle leggi della termodinamica, non potrò sfruttare tutta questa energia, ma dovrò fare i conti con l’efficienza della combustione. Supponendo di poter ottenere un’efficienza della combustione pari al 50% (esageratamente ottimistica), avrò:

Energia reale recuperabile in un forno di incenerimento di terza generazione

24 MJ/Kg

Dunque il massimo risparmio di energia che faccio bruciando la plastica è, nella migliore delle ipotesi, di circa 24 MJ/Kg che vengono recuperati sotto forma di calore, contro i 64 MJ/Kg di energia che recupero (risparmio) se produco plastica a partire da plastica riciclata (valore netto di risparmio, avendo già tolto dal recupero i costi energetici di riciclo della plastica).

A tutto questo si deve aggiungere il risparmio energetico indiretto che si guadagna evitando nuove estrazioni di petrolio. Quindi, dal punto di vista strettamente energetico, converrebbe il riciclo. La qualità della plastica riciclata, seppur inferiore a quella primaria, consente l’impiego di questa in quasi tutti i settori della plastica vergine. Il riciclo della plastica diventa economicamente non vantaggioso se si computano i costi di raccolta e trasporto. Dunque economicamente nessuno avrà interesse a riciclare la plastica. Per questo il WWF chiede che ne venga prodotta di meno, eliminando totalmente il PVC dal 2000, al fine di uscire dal circolo vizioso della antieconomicità del riciclo e dalla convenienza privata dell’incenerimento.

BIBLIOGRAFIA:
"Con gli occhi del Panda" – WWF, 1996  

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1999 WWF Gruppo Attivo Roma XI