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Parchi naturali e aree contigue, lo stato dell'arte nel Lazio

Nel corso della più che centenaria storia dei Parchi Naturali si sono nel tempo affermate diverse teorie sulla gestione del complesso delle emergenze ambientali e conservazionistiche delle specie animali e vegetali. Nel panorama mondiale della conservazione l'Italia ha svolto un ruolo peculiare per la caratteristica intrinseca di coevoluzione degli habitat italiani con la presenza dell'uomo. La quasi assenza di foreste primigenie, la presenza in alcuni periodi storici d'insediamenti alpini sino ad oltre 2500 metri di quota hanno prefigurato il divenire di un paesaggio italiano e di un ambiente naturale di tipo "culturale" ovvero in cui l'uomo ha giocato un ruolo da primo attore nelle vicende evolutive.

Tali considerazioni si sono materializzate in una vera e propria via italiana alla conservazione che sull'onda delle esperienze del Parco Nazionale d'Abruzzo a partire dal secondo dopoguerra con i primi esempi di "zonazione" ha portato a considerare il parco in diverse zone di tutela partendo dalle zone "A" di riserva integrale sino alle zone "D" in cui sono inseriti gli insediamenti umani e le zone più densamente antropizzate. Da questa prima schematizzazione ne sono discese altre con la creazione di sottozone che più si confacevano alle esigenze di diversa gestione territoriale.

Si è andato perciò nel tempo a definire quello che è chiamato Piano d'Assetto dell'Area Protetta ovvero il vero e proprio patto territoriale che stabilisce tempi e metodi di fruizione dell'area protetta con l'abaco degli interventi ammissibili. Il limite intrinseco di tale approccio è stato però la sindrome della "riserva indiana" con l'assurdità di parchi assediati ai confini magari da interventi che offendevano la sostenibilità ambientale del Parco stesso.

Ulteriore passo in avanti è stato perciò la creazione delle cosiddette aree contigue che, nate originariamente per scopi faunistici ovvero per abbassare la pressione venatoria a ridosso dell'area protetta, stanno assumendo con alcune ultime interpretazioni urbanistiche la funzione d'aree pre-parco. Se nel caso della caccia la funzione è stata assolta in modo egregio ad esempio permettendola solo ai residenti dei comuni dell'area protetta, abbassando il livello di conflittualità con il mondo venatorio e legando i cacciatori al territorio, l'uso come surrogato dell'area protetta lascia molti lati oscuri. Si tratta in soldoni dell'ennesimo scontro culturale tra conservazionisti della natura più adusi a un approccio olistico e gli urbanisti che categorizzano il territorio per classi di paesaggio e non certo per livelli di naturalità come invece meriterebbe un area protetta.

Nel Lazio le aree protette sono istituite, ai sensi della L.R. 29/97 e succ. modifiche, con legge regionale e la loro destinazione urbanistica e paesaggistica prevale su tutti gli altri strumenti regionali. Ciò si avvera però solo al momento dell'approvazione del Piano d'assetto il cui iter può durare anche molti anni. Il legislatore regionale in ossequio alla normativa nazionale L.394/91 - Legge quadro sulle aree protette - che non ammette vacanza legislativa, ha previsto nell'attesa dell'approvazione del Piano del Parco che sulle aree perimetrate con legge regionale scattino le norme di salvaguardia dell'articolo 8 della legge regionale stessa che sostanzialmente "congelano" il territorio compreso nella perimetrazione sino all'approvazione del Piano d'assetto. E' vietata ad esempio la caccia, l'apertura di strade, le trasformazioni territoriali e le grandi opere. Tali divieti sono stati spesso branditi dagli antiparco per giustificare l'opposizione all'istituzione di nuove aree protette.

Nel corso dell'ultima consigliatura si è poi assistito alla mutazione genetica di due strumenti previsti dalla L.R. 29/97 il monumento naturale e l'area contigua. Il monumento naturale, strumento antico nato per tutelare singolarità naturalistiche, è stato gonfiato a sproposito per creare la categoria di parco rurale, non previsto dalla normativa nazionale, che, di fatto, è una mezza area protetta in cui però è possibile cacciare. Quest'ossimoro nasce dal fatto che ormai le aree protette fanno gola ai comuni per i finanziamenti UE di cui possono godere, però, gli amministratori locali che non vogliono vincoli all'edificazione e all'attività venatoria. Tra l'altro il monumento naturale, se sotto i 300 ha, ai sensi dell' art. 6 L.R. 29/97 è istituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, è impugnabile al TAR e non ha piano d'assetto ma solo piano di gestione.

Fallita la via del parco rurale, di difficile praticabilità, il livello politico ha pensato di passare ad usare a sproposito le aree contigue (art. 10 29/97). Come recita la legge: "Qualora occorra intervenire per assicurare la conservazione dei valori di un'area naturale protetta, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area naturale protetta e con gli enti locali interessati, stabilisce piani e programmi nonché le eventuali misure di disciplina della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente, relativi alle aree contigue all'area naturale protetta interessata, delimitandone i confini d'intesa con l'organismo di gestione dell'area naturale protetta medesima". Come ben definisce la legge, le aree contigue non sono parco ma si tratta d'aree esterne le cui regole di gestione sono nebulose e soggette agli umori politici del momento. Memorabile fu, infatti, la richiesta d'abolizione dell'area contigua nel PNALM all'insediamento della giunta Storace come regalo per la lobby venatoria.

Diversa tesi è però espressa da altri soggetti che vedono le aree contigue come vitali per la definizione della rete ecologica regionale, come strutture di collegamento tra i diversi parchi con livelli differenziati di tutela. Rimane comunque l'idea che l'area contigua sia uno strumento debole e che vada usato all'esterno dei perimetri delle aree protette e non come surrogato di seconda scelta magari come scusa per riperimetrare le aree protette.

Info:
WWF Italia
REGIONE LAZIO

Luciano Meloni
RETE PARCHI WWF LAZIO
E-mail: luciano.meloni@libero.it

 

 

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1999 WWF Gruppo Attivo Roma XI