INCENERIMENTO DEI RIFIUTI: 

CEMENTO, COPERTONI ED ALTRE AMENITÀ

a cura di:
Andrea Masullo (responsabile clima energia e rifiuti del WWF Italia)

Il fallimento delle politiche italiane sui rifiuti

Recupero o spreco energetico ?

Può un forno distruggere i rifiuti senza produrre emissioni tossiche?

Cemento e copertoni non sono una bella coppia

Bruciare la gomma dei copertoni consente di ridurre le emissioni di gas serra ?

Cosa si può fare allora dei copertoni usati ?

 

 

 

 

Il fallimento delle politiche italiane sui rifiuti
Pensare che il problema rifiuti si potesse risolvere, come fatto dal Decreto Ronchi, fissando degli obiettivi in percentuale per la raccolta differenziata, ed agevolando ed incentivando con ogni mezzo l’incenerimento di tutto il resto, si sta rivelando, come peraltro da noi previsto, un clamoroso fallimento. Il primo degli obiettivi, la raccolta differenziata del 15% dei rifiuti urbani entro il 1999, è stato raggiunto da sole 4 regioni, altre 4 vi sono andate abbastanza vicine, ma tutte le altre ne sono rimaste lontanissime; mediamente, nel 1999 è stato raccolto in modo differenziato in Italia 11,20% dei rifiuti urbani. Pur ammettendo che saremo così bravi da recuperare il divario e raggiungere tutti insieme il previsto 25% entro il 2001 e il 35% entro il 2003, avremmo ottenuto un bel risultato di immagine ma non avremmo risolto concretamente il problema ambientale gravissimo che deriva dalla enorme produzione di rifiuti, che continua drammaticamente ad aumentare ed è ormai prossima, per i soli urbani, ai 30 milioni di tonnellate annue.
Infatti, gran parte di questi materiali tenuti separati con tanto impegno dai cittadini, saranno trattati al pari del restante 65% come rifiuti da smaltire, passando attraverso la cosiddetta filiera del CDR. è qui che quel diavoletto del genio italico è intervenuto con tutta la sua diabolica fantasia per riuscire in ciò che i fisici hanno da tempo definito universalmente come un cimento impossibile: far sparire materia, creando energia. I rifiuti non esistono più, in quanto divenuti CDR, combustibile definito rinnovabile e finanziato con denaro pubblico come se fosse energia solare. Ma neanche gli inceneritori esistono più essendo diventati termovalorizzatori. E poi non servono neppure. Una volta che il rifiuto non è più tale ma è “divenuto” un combustibile, gratuito, anzi addirittura incentivato, tanti sono i forni industriali già pronti ad accoglierlo. E così che l’unico riciclaggio veramente efficace che sta partorendo il cosiddetto Decreto Ronchi, è quello dei vecchi forni, in particolare dei cementifici.
Mentre in Svezia viene sterilizzato e riutilizzato venti, trenta volte, il 98% delle bottiglie di PET per bevande, ed esistono ormai in tutto il mondo regioni che hanno ridotto in dieci anni alla metà i loro rifiuti da smaltire, come ad esempio la città di Canberra in Australia e la Contea di Alameda in California, e che si pongono come obiettivo un ulteriore dimezzamento, lo scenario che si prospetta per l’Italia è di continuare a portare in discarica almeno 10 milioni di tonnellate annue di rifiuti urbani ed incenerirne altrettanti, producendo dai 3 ai 4 milioni di ceneri tossiche ed altri materiali contaminati attraverso il processo di combustione, da smaltire in discariche per rifiuti speciali.

 

Recupero o spreco energetico ?
Quando si parla di recupero energetico dall’incenerimento dei rifiuti si commette un grossolano errore sul piano scientifico. è come se uno trovasse in strada un orologio d’oro e lo cedesse ad un passante a 10.000 lire, sostenendo di aver attenuto un vantaggio economico. Non si può banalizzare il problema semplicemente valutando il calore prodotto dal processo di incenerimento che si riesce ad utilizzare ma è necessario fare una corretta analisi energetica.
I materiali che entrano in un inceneritore portano con sé un bagaglio energetico (o meglio si dovrebbe dire emergetico), costituito da:

1.      la energia direttamente ed indirettamente utilizzata per produrre ciascun materiale

2.      l’energia usata per dargli la forma desiderata

3.      il potere calorifico

4.      l’energia spesa per le varie operazioni di trasporto

5.      l’energia spesa per la raccolta

6.      l’energia spesa per triturarlo e compattarlo per la produzione di CDR

Il potere calorifico è il calore che è possibile estrarre da un materiale in un processo di incenerimento.

Per quanto riguarda le materie plastiche, che sono le più appetite dagli inceneritori in virtù del loro potere calorifico, che si aggira mediamente intorno alle 5.000 kcal/kg, molto superiore a quello delle altre componenti degli RSU che non supera le 2.000 Kcal/kg, l’energia che esse possono liberare bruciando è circa un terzo di quella servita per produrle e che viene persa irreversibilmente nel processo. Considerando le altre componenti del bagaglio energetico del CDR è evidente che il suo incenerimento comporta non un recupero ma un macroscopico spreco energetico; in altre parole, bruciare un materiale sintetico, significa buttar via per sempre tutta l’energia spesa per produrlo sancendo la sua prematura morte termodinamica. E’ questo il motivo per cui in altri paesi si preferisce riutilizzare il più possibile questi materiali, in grado di mantenere le loro proprietà per molte decine di anni, anziché affrettarsi a distruggerli dopo il primo utilizzo, come facciamo in Italia.

 

Può un forno distruggere i rifiuti senza produrre emissioni tossiche?
Un principio della fisica universalmente riconosciuto, il principio di conservazione della materia, ci dice che le stesse quantità di materiali che entrano in un inceneritore, ne usciranno. Le uniche azioni che possono “distruggere” i rifiuti sono la non produzione, il riutilizzo degli oggetti e il riciclaggio dei materiali. Un bilancio di massa delle emissioni gassose, liquide e solide non potrà che pareggiare, fino all’ultima molecola, la quantità di materiali immessi. Certo ne usciranno trasformati e diversamente aggregati. Coloro che propongono di utilizzarli nei cementifici sostengono che comunque non produrranno emissioni tossiche. Questa affermazione non trova riscontro nelle esperienze internazionali. Secondo l’EPA, l’agenzia per l’ambiente degli USA, i cementifici sono la terza grande sorgente di diossina del paese; il 60% della diossina emessa dipende dall’utilizzo di rifiuti come combustibile. In test effettuati su 4 cementifici che bruciavano copertoni in California, sono stati riscontrati aumenti di concentrazione di diossine fra il 53 e il 100% in 4 test su 4, gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) fra 296 e 2230% in 3 test su 4, il piombo fra 59 e 475% in 3 test su 4, il cromo del 727% in 1 test su 3.

 

Cemento e copertoni non sono una bella coppia
Allora i cementieri propongono di bruciare un rifiuto ben selezionato per non produrre emissioni inquinanti: i copertoni usati. Ma i copertoni sono fatti da prodotti petrolchimici come lo stirene e il butadiene, che sono stati classificati come cancerogeni per l’uomo. Bruciare i copertoni comporta il rilascio di stirene, butadiene ed alcuni composti del benzene. Alcuni vecchi copertoni potrebbero anche contenere cloroprene, con alta probabilità di formazione di diossine. Altri composti aromatici utilizzati per dare elasticità ai copertoni sono fortemente cancerogeni e difficili da distruggere in un processo di combustione se non con temperature estremamente elevate, con un elevato apporto di ossigeno e con un tempo di permanenza piuttosto lungo, condizioni difficilmente realizzabili in un cementificio. Infatti i cementifici presentano notevoli quantità di prodotti di combustione incompleta, come avviene in tutti gli inceneritori; ciò dimostra che la perfetta e totale combustione dichiarata dai progettisti non viene mai ottenuta. Inoltre è difficile ottenere un sufficiente apporto di ossigeno ed una distribuzione uniforme della temperatura in ogni parte del forno, a causa della grande quantità di materiali solidi presenti per la produzione del cemento. Inoltre tutti forni per il cemento cercano di rendere minimo l’apporto d’aria a causa delle grandi quantità di energia necessarie per riscaldarla alle elevate temperature richieste.

Lo stesso cemento può risultare contaminato da metalli pesanti ed attualmente non ci sono sufficienti studi sulle qualità meccaniche e fisico chimiche del cemento prodotto.

Un altro problema è dovuto all’elevata quantità di piombo contenuto nelle vecchie gomme fin tanto che sarà in uso la benzina rossa. Altri metalli pesanti possono contaminare i copertoni. inoltre i forni dei cementifici sono soggetti a sbalzi nella combustione che comportano dei picchi di emissione improvvisi e non rilevabili con le normali tecniche di monitoraggio e difficilmente controllabili con le dotazioni tecniche standard di un cementificio.

 

Bruciare la gomma dei copertoni consente di ridurre le emissioni di gas serra ?
In linea teorica l’utilizzo delle gomme usate consente un risparmio dei combustibili fossili normalmente usati nei cementifici. ma ciò non consente una riduzione dei gas serra. Inoltre, l’utilizzo di questi materiali di scarto non consente quell’ottimizzazione della combustione che potrebbe portare in alcuni casi ad una riduzione ancor più consistente dell’uso di combustibili fossili. Non si dimentichi inoltre che, come dimostrato dalle considerazioni energetiche sopra esposte, per la produzione della gomma sintetica è necessario più del triplo dei combustibili fossili che si possono risparmiare con il suo incenerimento.

 

Cosa si può fare allora dei copertoni usati ?
I copertoni usati possono essere utilizzati per la fabbricazione di:

§         copertoni rigenerati

§         conglomerati bituminosi speciali

§         membrane impermeabili

§         barriere acustiche

§         basamenti stradali antirumore (massiciate per tram)

§         cordoli ed altri attrezzi spartitraffico

§         materiali per fondazioni speciali

§         isolanti per tetti

§         pavimentazioni pedonali

§         supporti antistatici per apparecchiature elettriche ed elettroniche

§         sigillanti adesivi

§         tappetini

§         suole per calzature

§         parti per macchine industriali

§         nastri trasportatori

§         imballaggi

§         materiali miscelati con altre plastiche

§         pavimentazioni sportive

§         ecc.

Allora perché qualcuno vuole bruciarli ?
Perché chiunque accetterebbe un combustibile gratuito, anche se di cattiva qualità, godendo per questo di incentivi ed agevolazioni amministrative di ogni genere.

 

Sostenete le battaglie del WWF per la conservazione dell’ambiente.

 

WWF Italia, Via Po 25/c, 00198 Roma

Per contattare l’associazione: 06.844971

e.mail; wwf@wwf.it

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